La festa di Ferragosto, con la processione tipicamente folcloristica, perché imperniata sulla cosiddetta “Vara”, è, da tempo immemorabile, la festa principale della città e costituisce il ricordo più popolare dei tempi passati, perpetuatesi nei secoli fino al presente; è quasi una fetta, uno squarcio di civiltà tramontate che viene ad allietare, a sbalordire, a scuotere gli animi indifferenti del nostro secolo.
La “Vara” è un fercolo alto non meno di venti metri in cui il mistero dell’Assunzione trova la sua riproduzione simbolica tradizionale: sopra una poderosa armatura di ferro e di legno, rivestita di cartoni di ogni forma, specchietti, carta variopinta dai mille colori, di indorature sgargianti, sono rappresentati tutti i singoli momenti del mistero dell’Assunzione; alla base vi è il sepolcro della Vergine, aperto, ripieno di fiori e privo del corpo Santissimo di Maria che per grazia singolarissima ha rotto le leggi ineluttabili della morte ed è salito al cielo.
Poco più in alto, S. Tommaso, messo quasi fuori, in disparte, in ginocchio, mostra di volere prestare al mistero dell’Assunzione, quella fede che ha negato alla risurrezione del Signore; e poi in alto ancora una teoria di Angeli e Cherubini, dispersi sui tamburi rotanti vertiginosamente perché diano l’illusione del volo, entro imbuti, dentro enormi coppe, a ridosso a raggiere splendenti d’oro e d’argento, che fanno corteggio, nel loro volo verso il cielo alla Vergine Maria, la quale è in alto, sotto una enorme corona.
La cosa più singolare è che tutti i personaggi sono impersonati da ragazzini sui tredici anni che sono vestiti nelle fogge caratteristiche dei personaggi che rappresentano: S. Tommaso, S. Michele Arcangelo, ed Angeli di tutti gli ordini. Essi sono legati a strumenti che li sostengono e che nel movimento rotatorio di tutta la “Vara”, permettono loro di stare sempre in posizione perpendicolare.
È uno spettacolo commovente, entusiasmante, assistere al tiro della poderosa “Vara” che avanza roteante per le vie della città tra i canti tradizionali dei giovinetti che celebrano le lodi di Maria mentre il popolo dai balconi, dalle terrazze, in mezzo ad osanna e gridi di giubilo, in mezzo al parossismo della gioia dell’entusiasmo, lancia su di loro caramelle e leccornie varie, e innalzano il loro grido di preghiera alla Vergine Santissima affinché benedica la città e le famiglie devote.
L’origine della festa si perde nei secoli e penso possa risalire almeno al secolo XVI, giacché ha un riscontro in quella di Messina, in cui però i personaggi ormai sono stati sostituiti da statue di cartone. Non credo però che possa essere una imitazione di quella perché la tradizione ci indica un quadro dell’Assunzione di Maria dipinto dal Caniglia nel 1548, quale esempio propulsore della ideazione della “Vara”. In esso, infatti, troviamo le stesse scene, gli stessi personaggi caratteristici, come S: Tommaso, le Pie Donne, gli Angeli osannanti, la SS. Trinità in atto di incoronare Maria, e poi la stessa composizione verticale dell’Assunzione che troviamo nella “Vara”.
Cosa ancora più singolare è che in alto del quadro, già in disparte, come appendice della composizione, vi è l’esterno di una chiesa a tre navate e a cupola, con le absidi rotonde e il campanile a guglia. Del resto solo a Randazzo poteva sorgere l’idea di un carro trionfale a colonne: l’altro trave, infatti, su cui gira questa moltitudine di personaggi, ci riporta a quella colonna presso cui fu trovata l’immagine miracolosa della “Madonna del Pileri” intorno cui gravita tutta la devozione e il culto che ha permeato l’animo del popolo randazzese.
E in quest’uso singolare, che un tempo conservava anche non so che di barbaro, dato che, finita la processione, si dava all’assalto alla “Vara” con una ridda veramente selvaggia, e la si spogliava letteralmente di tutti gli ornamenti, reputandosi fortunati coloro che fossero riusciti a prendere una qualche cosa da portare a casa come reliquia da conservare religiosamente, c’è da vedere il profondo sentimento religioso che ha animato la vita di un popolo tutto, verso Colei che ha visto non solo il sorgere della città, ma anche nel lungo decorrere dei secoli, per la fede incrollabile degli avi, è stata la soccorritrice e la benefattrice dei singoli e di tutti.